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Cinecittà a volo d'uccello

di Giulia Grassi

(già, parzialmente, in MatDid del 13 aprile 2003)



                                                                                                  In occasione dell'inaugurazione degli stabilimenti  

cinematografici di Cinecittà sulla via Tuscolana (Roma, 1937) è stato realizzato un manifesto che esprime molto bene la retorica imperiale di epoca fascista: infatti uno degli obiettivi del regime era emulare la gloria e la potenza dell'antico impero romano.
 


La cerimonia di inaugurazione (1937)

 
Il manifesto ricorda le vedute calcografiche (incisioni) di Roma antica. Il punto di vista è a volo d'uccello (rappresentazione prospettica dall'alto, che ricorda la visuale che hanno gli uccelli – o gli aerei – in volo) e questa
impostazione permette la rappresentazione
tridimensionale e dettagliata dei teatri di posa, set all'aperto, magazzini, piscine. In alto c'è il "titolo" (Cinecittà. Stabilimenti cinematografici Roma) e in primo piano in basso a destra un cartiglio, con la descrizione di quello che appare nella veduta. È un monocromo.

Tutto questo richiama le incisioni realizzate nel XVIII secolo da Giovan Battista Piranesi.
Guardiamo il frontespizio (pagina di apertura) dell'opera Il Campo Marzio dell'antica Roma (1761-1762), un volume con 42 tavole che illustrano i monumenti antichi di questa importante area della città. A parte il formato, verticale nel frontespizio e orizzontale nel manifesto, la somiglianza è molto evidente, cartiglio in basso a destra compreso.
Un modo di presentare questa realizzazione mussoliniana, peraltro decisamente meritoria, come emula delle creazioni monumentali ed eterne degli imperatori romani, di cui l'impero fascista si proponeva come degno erede (sic!).

Quando la pubblicità e la propaganda politica si incontrano...
 

PIRANESI MODERNIZZATO

Una giovane artista inglese, Emily Allchurch (1974), riprende le Carceri di Piranesi nella serie Urban chiaroscuro (2007), in cui propone visioni inquietanti e decadenti delle città contemporanee (a lato, di seguito, Londra Parigi e Roma).

[vedi in proposito T. Evangelista, 2009]


 

 

 
                        Giovan Battista Piranesi
 
Nato a Venezia nel 1720. Nel 1744 si è trasferito a Roma, dove è rimasto fino alla sua morte (1778). È stato un grande interprete dell'Urbe, sia della città 'moderna', con le chiese, le piazze e i grandi palazzi aristocratici sia, soprattutto, della Roma antica e della romanità. Le sue incisioni hanno diffuso in tutta Europa il mito della magnificenza di Roma. Sono molto suggestive.
 
Piranesi usa punti di vista insoliti, spesso dal basso verso l'alto: così può accentuare la monumentalità e solennità delle architetture, che appaiono gigantesche. Il senso di potenza è poi accresciuto dall'uso drammatico della luce e dell'ombra, che creano un contrasto chiaroscurale molto emozionante. Le rovine piranesiane, così, non danno un'immagine un po' malinconica di decadenza, della fine della gloria imperiale, ma al contrario ne suggeriscono l'eternità: se le rovine sono così gigantesche, come dovevano essere i monumenti ancora intatti? C'è l'idea che proprio le stesse rovine testimoniano quanto è stata grande Roma (Roma quanta fuit, ipsa ruina docet).
 
Un critico ha scritto che l'immaginazione di Piranesi era così forte che ha costretto i suoi contemporanei e i posteri a guardare l'architettura romana coi suoi occhi. Al punto che certi viaggiatori, come Goethe e Flaxmann, quando sono venuti in Italia e hanno visto i monumenti "dal vero", davanti a certi edifici sono rimasti delusi: in base alle incisioni di Piranesi se li erano immaginati più solenni e grandiosi di come erano effettivamente.
E non pochi architetti neoclassici, italiani e non,  hanno progettato edifici che si ispirano più alla romanità di Piranesi che non alla romanità delle autentiche architetture romane: fra di loro ci sono Robert Adam e John Soane.

 


(Il tempio di Giove Tonante)

 
fonti: il mensile Roma. Ieri, oggi e domani, 1991(?), pp. 62-63

(giugno-luglio 2009)

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