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In principio era Millais
di Giulia Grassi
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Campagna pubblicitaria per Pears Soap (Agenzia: The Jupiter
Drawing Room, Sud Africa;
Creative Director: Livio Tronchin; Art Director: Jamie Mietz;
Copywriter: Khaya Dlanga. Anno 2006).
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Idea semplice ma non priva di
efficacia. Per pubblicizzare il sapone in questione, la volta
affrescata
della
Chapelle Royale di Versailles (1669-1710) viene rovesciata e
trasformata in una vasca da bagno colma d'acqua, la cui
superficie è increspata dalla catenella metallica del tappo o da
una paperella gialla.
Un bagno da regina,
o in onore di una sovrana
(headline:
By appointment
to the Queen).
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Pears Soap è un
marchio "storico": è stato fondato duecento anni fa in Gran
Bretagna.
È anche, soprattutto, l'ancestrale responsabile
dell'utilizzo delle opere d'arte in pubblicità: è sua la réclame
che, per la prima volta, usa un'opera pittorica di rilievo come
immagine pubblicitaria (Hoffman,
2003, pp. 14-17). "Il primo tentativo di stabilire un legame
diretto tra produzione artistica e mondo pubblicitario" avviene
infatti quando "l'imprenditore inglese A.F. Pears ... acquista nel 1886
il dipinto Bubbles di John Everett Millais, il più
importante pittore della tarda era vittoriana, e lo impiega in
esclusiva per pubblicizzare il suo omonimo sapone, che
è ancora oggi
disponibile sul mercato"(Codeluppi, 1995,
pp. 14-15).
Il quadro, che era nato con un altro titolo (A
Child’s World), rappresenta William James, nipote del pittore,
mentre gioca con le bolle di sapone.
A questo uso si accompagna la prima
controversia
circa la relazione tra arte e pubblicità. Lo scrittore Gilbreth
Keith Chesterton, infatti, stroncò la liceità dell'utilizzo
mercantile di un'opera pittorica in un articolo intitolato
Utopia degli usurai (1912): a suo parere il quadro di
Millais era 'irrimediabilmente rovinato dalla sua nuova
funzione', nessuna affinità si poteva cogliere tra i committenti
dell'arte del passato e i moderni committenti della pubblicità,
e c'era da temere che il trionfo del capitalismo avrebbe
annullato la 'linea ben chiara [che] separava la pubblicità
dall'arte' (da
Ghelli, 2005, p. 20). |
.
Una controversia tuttora non risolta (si veda in
Alipes). Ma
dopo più di un secolo di relazioni variamente articolate tra le
due, non si può non constatare che oggi "si assiste a
un'osmosi perfetta tra arte e pubblicità: gli artisti (ad
esempio graffitisti, performer e artisti concettuali) imitano le
modalità di intervento nel tessuto urbano della pubblicità,
mentre alcuni pubblicitari lanciano messaggi provocatori degni
dell'arte di avanguardia" (Ghelli, 2005, p. 21).
Non c'è che dire, una 'prima volta' ricca di conseguenze... |
Una
campagna pubblicitaria tutta giocata sui
soffitti di monumenti di varie epoche
è
quella 'Look up more
often' per
la Renault
Megane Cabriolet (Agenzia: Neogama BBH, Brasile
2008) |
San Pietroburgo,
Cattedrale di S. Isacco
(1818-1858) |
New York, Cattedrale St
Patrick
(James Renwick Jr,
1853-1878) |
Amsterdam,
Scheepvaarthuis /
Casa della navigazione
(XX secolo) |
Budapest, Szépművészeti
Múzeum /
Museo delle Belle Arti
(XIX secolo) |
Barcellona, Palau de la
Musica Catalana
(Lluis Domnéch i Montaner,
1905-1908) |
Mantova, Palazzo Tè -
Sala di Psiche
(Giulio Romano, 1525-1534) |
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fonti:
Ads of the World |
(agosto-settembre 2009) |
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