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SCHEDA DIDATTICA 15

 
LE CORREZIONI OTTICHE

 

L'espressione correzioni ottiche indica gli accorgimenti utilizzati per correggere le "deformazioni ottiche", cioè le distorsioni della vista. Lo scopo finale è dare un’impressione di perfezione e coerenza formale.
Le correzioni ottiche si applicano sia all'architettura che alla scultura e pittura. I primi ad usarle in modo sistematico
sono stati i Greci.

 
IL TEMPIO GRECO

Nell'antica Grecia la costruzione di un tempio era regolata da una serie di norme ricorrenti (canone) fissate allo scopo di dare all'edificio un aspetto equilibrato, armonico e oggettivo.
Due erano gli elementi fondamentali della costruzione, la simmetria (accordo delle misure) e l'euritmia (armonia).

Secondo lo storico romano VITRUVIO "
la composizione del tempio è una simmetria... La simmetria nasce dalla proporzione… La proporzione è la commisurabilità di ogni singolo membro dell’opera e di tutti i membri nell’insieme dell’opera, per mezzo di una determinata misura o modulo…".
Per modulo si intende una unità di misura convenzionale che regola il rapporto tra le varie parti che compongono un edificio e tra di esse e il tutto; in genere è il raggio alla base del fusto della colonna. Nel canone dell'ordine dorico l'altezza della colonna è di 16 moduli, in quello dell'ordine ionico è di 18 moduli e in quello del corinzio è di 20 moduli (foto a destra).
Il canone trova un'applicazione anche nella scultura (Doriforo di Policleto).

Ancora VITRUVIO definisce l'euritmia "… il bello e grato aspetto cagionato dalla disposizione delle membra. Si ha quando di dette membra corrisponde l'altezza con la lunghezza e la larghezza con la lunghezza, e insomma tutte le cose hanno giusta proporzione". L'euritmia regola, ad esempio, il numero e la distribuzione delle colonne: nel tempio periptero il numero di colonne sui lati lunghi deve essere il doppio + 1 rispetto a quello sui lati brevi (6 / 13 nell'ordine dorico; 8 / 17 nell'ordine ionico).

Possiamo dire che la simmetria riguarda la quantità, interessando la corrispondenza tra le parti in termini di misure (proporzione), mentre l'euritmia riguarda la qualità, perché regola la collocazione e distribuzione delle parti. Secondo lo storico dell'arte PANOFSKY "
Il concetto di euritmia … deriva da quei 'correttivi ottici' che, aumentando o diminuendo le dimensioni, che
sarebbero corrette da un punto di vista oggettivo, neutralizzano le alterazioni soggettive dell'opera d'arte" (Il significato delle arti visive, Torino 1962).
 
I
'
correttivi ottici' di Panofsky, cioè le correzioni ottiche, consistono quindi nella modifica di alcuni dettagli della costruzione in modo da correggere determinati effetti di curvatura delle linee o di sproporzione (deformazioni ottiche) dovuti a punti di vista e condizioni di luce particolari. Le
  correzioni più usate sono:  

Entasis

È la correzione più diffusa e senza dubbio più nota, e riguarda il profilo delle colonne: è il rigonfiamento del fusto della colonna a circa 1/3 dell’altezza, utilizzato per eliminare l'illusione ottica che a distanza fa apparire la parte centrale della colonna più stretta rispetto alle estremità.

 
Curvatura delle orizzontali

Le linee orizzontali del basamento (stereobate, stilobate), della trabeazione (architrave, fregio) e la base del frontone viste da lontano sembrano incurvarsi (a). Per correggere questa deformazione, le linee vengono leggermente curvate verso l’alto (b), in modo da non apparire concave alla distanza ma perfettamente rettilinee.

a                                                  b                         
   
 

Inclinazione delle verticali

Per un effetto ottico le colonne più esterne non appaiono dritte e parallele ma divergenti e inclinate verso l’esterno (a), e quindi vengono leggermente inclinate verso l’interno (b-c) in modo da sembrare perfettamente verticali, parallele alle colonne poste in posizione centrale.
 
 

 
 
Variazione del diametro della colonna

Le colonne colpite da luce piena appaiono più sottili di quelle
 in ombra. Nei templi peripteri gli architetti modificano questa distorsione ponendo nelle zone più luminose del tempio, ad esempio lungo i lati, delle colonne con un diametro
 maggiore
, più massicce. Lo scopo finale era quello di far apparire 'tutte' le colonne perfettamente uguali, sia
quelle centrali che avevano per sfondo l’ombra del
portico, sia quelle laterali che avevano per sfondo il cielo.

                           

a

c
b
 
 

 Interasse delle colonne
 Sempre per correggere le distorsioni dovute alla luce del sole,
 l'intercolumnio è maggiore tra le colonne in corrispondenza della cella,
 mentre viene ridotto tra le colonne laterali. L'effetto finale è di uniformità
 degli intervalli tra le colonne.
 

 
L'URBANISTICA

Le correzioni ottiche sono state applicate anche nell'urbanistica, ad esempio nella creazione di piazze monumentali in particolari condizioni di spazio.

 

È il caso della Piazza di Pienza, realizzata da BERNARDO ROSSELLINO tra il 1460 e il 1464.
L’architetto progetta la piazza e gli importanti edifici affacciati su di essa - una chiesa e tre grandi palazzi - su richiesta di papa Pio II Piccolomini.
Lo spazio a disposizione lo condiziona fortemente: un'area di piccole dimensioni, stretta da un lato dalla via principale, che segna una lieve curva, e dal lato opposto da un dirupo.
Rossellino costruisce il Palazzo Pubblico (2) al di là della strada e di fronte, in corrispondenza del dirupo, il Duomo (1). Tra i due edifici rimane uno spazio ampio poco più di 20 metri. Decide allora di dare alla piazza non una forma quadrata ma trapezoidale, ponendo sui lati divergenti i Palazzi Piccolomini o Papale (3) e Vescovile (4).
Per chi viene dalla via principale, perciò, la prospettiva è capovolta. Sappiamo che secondo l'ottica naturale le parallele appaiono congiungersi all’infinito e quindi, a Pienza, i palazzi laterali avrebbero dato l'impressione di convergere verso il Duomo, riducendo ulteriormente le già ridotte dimensioni della piazza e 'allontanando' il Duomo sul fondo. Rovesciando la prospettiva, per correggere la deformazione ottica, Rossellino allarga illusionisticamente la piazza e 'avvicina' il Duomo, che acquista inoltre imponenza e monumentalità.
Una soluzione veramente geniale.

a

 

Così geniale che anche altri architetti l’applicheranno dopo di lui: per  esempio MICHELANGELO, nella Piazza del Campidoglio (dal 1536) (a), e GIANLORENZO BERNINI, nel Sagrato di San Pietro in Vaticano (dal 1656) (b), entrambe a Roma.
 

 

b

 

 
LA SCULTURA

Le correzioni ottiche venivano utilizzate anche nella scultura, in particolare per le statue che erano collocate nella parte alta degli edifici: questo perché la visione da lontano e dal basso implica inevitabilmente delle deformazioni che alterano la coerenza formale delle immagini.
 
Per quel che riguarda gli scultori
greci PLATONE (IV secolo a.C.) osserva che coloro che creano "sculture di 

grandi dimensioni" alterano le proporzioni naturali delle figure riprodotte in quanto se mantenessero "la proporzione oggettiva fra le parti ... le proporzioni superiori parrebbero più piccole del dovuto, e più grandi quelle inferiori, perché noi vediamo quelle da maggior distanza, queste più da vicino"; quindi i suoi contemporanei "calcolano come le loro opere appariranno, risulteranno all'infermo senso dell'uomo, e ciò fanno alterando, manipolando, inventando le regole della prospettiva e altrettanti inganni".
E famoso è un aneddoto riportato dal grammatico bizantino GIOVANNI TZETZES (XII secolo) a proposito di una gara fra gli scultori Fidia e Alkamenes, cui gli ateniesi avevano commissionato due statue di Athena da porsi su un colonnato. Vista da vicino la Athena di Fidia appariva sproporzionata, perché la testa era troppo grande rispetto al corpo; ma una volta che le due statue erano state messe nella collocazione prevista, in alto, solo quella fidiaca appariva armoniosa e anatomicamente coerente, perché 'corretta' nelle sue proporzioni in base alla visione dal basso e da lontano.

  b 

 
Anche gli
scultori etruschi alteravano le proporzioni delle statue disposte sul tetto dei templi (sculture acroteriali) (a), come testimonia uno dei capolavori della statuaria etrusca del VI secolo a.C., l’Apollo di Veio (b), che con altre statue di terracotta era collocato sulla trave centrale del tetto del Tempio del Portonaccio a Veio. Opera dI VULCA.


modello di tempio etrusco - con sculture acroteriali - secondo la descrizione di VITRUVIO

a

 

Nella scultura romana un esempio dell'uso di questi accorgimenti è una statua di Musa seduta (I secolo a.C.), di dimensioni colossali (Roma, Centrale Montemartini), che secondo gli archeologi doveva decorare la scena del Teatro di Pompeo. Se osserviamo la statua frontalmente ci appare sproporzionata e sgraziata: spalle e busto troppo piccoli, gambe eccessivamente lunghe, la mano destra poco visibile, solo il piede sinistro che spunta dalle pieghe della veste; inoltre, il panneggio del mantello appare piuttosto piatto. Sembra l'opera di uno scultore maldestro.
Ma se immaginiamo la statua nella sua effettiva collocazione, in alto e secondo una visione angolata da destra, allora cambia tutto: spalle e busto appaiono proporzionati, dietro il piede sinistro si vedono le dita del piede destro che spuntano dalla veste, notiamo le lunghe dita affusolate della mano destra, abbandonata sul grembo; e rimaniamo incantati dalla resa raffinata e molto chiaroscurata del panneggio sul fianco sinistro.
 
Anche in epoca rinascimentale, come nella scultura antica, molti artisti applicano le correzioni ottiche.
Un esempio è la statua di San Giovanni evangelista scolpita da DONATELLO tra 1409 e 1411; era destinata a decorare una nicchia, sopraelevata, sulla facciata mai realizzata del Duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze.
Vista frontalmente è decisamente sproporzionata, col busto troppo lungo, le spalle cascanti e le gambe corte, coperte da un panneggio eccessivamente frammentato. Ma nella visione dal basso le proporzioni diventano naturali, il busto si accorcia, il panneggio si dispone in ampie pieghe, il volto trasmette energia e acquistano importanza le mani, in particolare quella poggiata sul Vangelo: la figura appare quieta e solenne, ma anche potente e animata da spirito visionario.

                 
                  Statua di Musa

 

 

 


La statua e lo schema del San Giovanni evangelista (in C. SEYMOUR, Sculpture in Italy (1400-1500), Penguin 1966)

 

LA PITTURA

Correzioni ottiche erano utilizzate anche dai pittori, in particolare negli affreschi delle volte, delle cupole e nella parte superiore delle pareti, per evitare che le immagini, poste a molti metri di distanza rispetto allo spettatore, apparissero deformate o fossero identificabili con difficoltà.

Un esempio?
Il Giudizio Universale nella Cappella Sistina, dipinto da Michelangelo tra 1536 e 1541, è di grandi dimensioni (
m 13,7 x 12,2 ) e impone una visione dal basso, sempre più scorciata a mano a mano che ci si avvicina alla parete su cui è affrescato, opposta a quella d'ingresso alla cappella.
Il pittore è intervenuto in due modi. Prima ha foderato la parete da dipingere con un muro in mattoni leggermente inclinato (circa 26 centimetri) verso l'alto; poi ha realizzato le quasi 400 figure in modo che le loro proporzioni aumentino in relazione alla loro collocazione nell'affresco (in basso, al centro o in alto), variandone l'altezza da 1,55 a 2,50 metri.
Con questi accorgimenti, che correggono la prospettiva naturale, le possenti figure appaiono di grandezza omogenea e tutte ben visibili, anche da un punto di osservazione molto ravvicinato.

 

[sulla censura delle immagini del Giudizio, click]

 
(Giulia Grassi, ottobre-dicembre 2009)
 

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