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SCHEDA DIDATTICA 20 |
LA
PITTURA ORIENTALISTA
(seconda parte)
(prima
parte) |
Il
verismo
esotico
Nella seconda metà dell'Ottocento si
afferma un interesse di tipo "documentario"
che porta ad accentuare il realismo delle
scene. L'Oriente selvaggio e 'altro' dei
romantici, carico di tensione verso l'ignoto
e di passioni soverchianti, viene affiancato
da quello quotidiano: i costumi, i luoghi,
la vita della gente comune
vengono descritti con chiarezza analitica e
con un gusto quasi etnografico. Lo scopo è
di evocare "non la storia pittoresca, ma
la fisiologia dei paesi arabi" (E.
Fromentin). È l'Oriente
degli artisti-viaggiatori, che non di rado
ricorrono all'ausilio di un nuovo strumento,
la fotografia.
Tra i maggiori esponenti di questo indirizzo
da reportage pittorico si distinguono
i francesi Eugène Fromentin (1820-76) (click) e Jean-Léon Gérôme, gli inglesi David Roberts
(1796-1864) e John Frederich Lewis,
l'italiano Alberto Pasini.
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Jean-Léon Gérôme
(1824-1904) è stato a lungo considerato,
negativamente, l'emblema della pittura
accademica della Francia del Secondo Impero
(è nota la sua avversione per gli
impressionisti, che riteneva un 'disonore
per l'arte francese');
la critica moderna lo ritiene, invece, uno
dei grandi creatori di immagini del XIX
secolo.
Pur avendo compiuto il canonico viaggio di
formazione artistica in Italia (1844-45), si
recò più volte in Oriente tra il 1856 e il
1880.
Il suo stile è caratterizzato da gusto per
il particolare analitico (di derivazione
fiamminga), padronanza assoluta nella
rappresentazione dell'anatomia umana,
fermezza plastica, sapienza compositiva,
impersonalità. Una 'messa a fuoco' della
realtà che applica, indifferentemente, ai
soggetti storici o mitologici come a quelli
orientali (celebri le sue scene di hamam, vd
in
Alipes).
La sua capacità di essere contemporaneamente
colto
e popolare spiega il grande successo
ottenuto ai suoi tempi e in epoca
contemporanea (Ridley Scott ha dichiarato che a
convincerlo a realizzare il film
Gladiator, nel 2000, è stata proprio la
visione di un quadro di
Gérôme,
Pollice verso, del 1872,
click). |
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Il mercato degli schiavi, 1866
Il mercante di pelli del Cairo, 1869 |
The kibab shop at Scutari, 1858 |
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L'inglese
John Frederich Lewis
(1805-76) ha viaggiato molto, rimanendo per ben
quattordici anni lontano dalla sua patria. È stato a
Parigi, in Spagna, in Italia (nel 1938), ad Atene,
Costantinopoli, in Nubia e in Egitto, risiedendo per
dieci anni al Cairo (1841-51).
Durante il suo
lungo soggiorno cairota eseguì alcune tele e una
gran quantità di disegni e acquarelli che, una volta
tornato in Gran Bretagna, furono una inesauribile
fonte di ispirazione per la sua successiva
produzione pittorica.
Il suo stile di vita 'moresco' è descritto da
William Makepeace Thackeray (Eastern Sketches: A
Journey from Cornhill to Grand Cairo), che gli
fece visita nel 1844. Sappiamo che si spostava su un
cavallo bianco con finimenti rossi, scortato da due
servi al suo fianco. Che viveva in una casa enorme,
arredata in modo più sontuoso dei palazzi degli
sceicchi arabi. E che riceveva gli ospiti indossando
un abito musulmano blu scuro e una giacchetta
ricamata in oro, con il tocco esotico di una
scimitarra di Damasco poggiata sulle gambe (E.
Malcolm, 1977).
Lewis registra con occhio attento la vita intorno a
lui, senza cedere al 'pittoresco', con uno stile
limpido basato su una formazione pittorica
complessa, da Vermeer a Velazquez a Ingres, che lo
suggestiona nelle sue diverse rappresentazioni di
scene ambientate nell'harem. |
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Alberto Pasini
(1826-99) è considerato il maggior orientalista
italiano.
Visitò l'Oriente
tra 1855 e 1856, al seguito di una missione
diplomatica francese in Persia (dove visse dieci
mesi), Turchia, Siria, Arabia ed Egitto in qualità
di disegnatore, tracciando numerosi studi e disegni.
"In
seguito, Pasini mise a frutto quell’immenso
patrimonio di memorie dando spazio e vita nei suoi
dipinti ai piccoli caffè persiani sotto gli alberi,
alle cavalcate sfrenate e alle fantasie delle
scorte, alle cacce al falco, alle lunghe carovane.
Nel lavoro sempre più si riaffacciò quello che egli
prediligeva: la pietrosa Persia del Sud, la Persia
arida la cui immensità e abbandono portava il suo
animo… ad una malinconia non disgiunta da una
sensazione di calma e di pace. [...]
L’Oriente di Pasini non è luogo di curiosità e di
attrazioni: è un luogo conosciuto ma remoto, perché
psicologicamente imprendibile: e insieme un luogo di
profonda immedesimazione sentimentale [...]
Saldezza di ritmo compositivo nei tagli impaginativi
più vari, rigorosa struttura disegnativa, vivissimo
gusto per una materia pittorica ricca e scintillante
nell'ampia varietà del tocco - ora steso per morbidi
impasti, ora scattante e plastico, grasso qua e là
negli spessori di spatola, sontuoso di smalti nelle
succose, libere e sciolte vibrazioni coloristiche -
caratterizzano stilisticamente l'esperienza
figurativa di Alberto Pasini, che si dispiega
compiutamente nelle tematiche orientaliste. L'epica
delle carovane rese nelle suggestioni del paesaggio
persiano od egizio, i sontuosi arabeschi di bazar e
moschee a Costantinopoli, il brulicare vivace di
figure tra mercati e cortili risultano tuttavia
filtrati tramite un processo espressivo improntato
dal sistematico e costante rapportarsi al vero" (vedi).
La fontana
turca, 1873 |
L'Oriente
come luogo
mentale |
Un Oriente carico
di simboli e suggestioni è quello di Gustave
Moreau (1826-98), la cui pittura sensuale e
visionaria anticipa l'immaginario simbolista della
fine dell'Ottocento. Un orientalismo che qualcuno ha
definito 'mentale'. Infatti
Moreau ha viaggiato in Italia, ma non in Levante o
Nord Africa. L'Oriente che lo suggestiona è quindi quello
narrato nei libri, che illustrano un mondo lontano
dalla sua esperienza del reale tanto quanto lo sono
i racconti biblici e quelli mitologici, cui attinge
per la sua opera grafica e pittorica.
L'artista francese si considerava un "assembleur
de rêve", e dichiarava: credo solo a ciò che
non vedo e unicamente a ciò che sento. Nella sua
produzione si fondono così gli elementi più
disparati, interpretati in chiave fantastica, che
danno vita a immagini cariche di mistero,
misticismo, sospensione ed esotismo. Un sincretismo
che incanta per l'esuberanza decorativa, le
voluttuose figure femminili, il lusso delle stoffe
pregiate e dei gioielli, le ambientazioni spesanti,
i colori esaltati da una luce innaturale e un
sottile, sotterraneo, senso di malinconia. La
generica 'tonalità' orientale impressa a molte scene
ne accentua la visionaria allusività: è il primato
dell'immaginazione e del sogno rivendicato contro la
tirannia del Positivismo e della realtà come
esclusivo oggetto dell'arte. |
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.
L'Apparition, acquarello, 1874-76 |
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La
fascinazione
dell'harem
.
"Come è
possibile
non sognare
l’avventura
e il mistero
di fronte a
quelle
costruzioni
basse,
inaccessibili
agli sguardi
esterni, a
quelle
grate,
attraverso
le quali
così spesso
brilla lo
sguardo
interrogativo
di giovani
donne?"
(Gerard de
Nerval, Voyage en
Orient,
1851).
"È
bello! È
come ai
tempi di
Omero! La
donna nel
gineceo a
occuparsi
dei bambini,
a filare la
lana o a
ricamare
meravigliosi
tessuti. È
la donna
come io
l'intendo"
(Eugène
Delacroix,
Carnets
du Maroc,
1832). |
Molti quadri
del filone
orientalista
rappresentano
scene di
harem e di
hamam. L'harem
è il
gineceo,
destinato al
segregato
mondo
femminile
(il più
celebre era
quello nel
Palazzo del
Serraglio, a
Istanbul);
l'hamam è il
'bagno
turco'. |
Entrambi
esercitano
una
fascinazione
irresistibile
sugli
occidentali,
in
quanto
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custodi di una
femminilità
misteriosa,
attraente
proprio
perché
inaccessibile,
luoghi
di
erotismo,
indolenza
ed
intrigo.
In più,
consentono
la
rappresentazione
di corpi
femminili
spesso
nudi, in
atteggiamento
provocatorio
e
ammiccante
o
languidamente
inconsapevole,
in uno
sfavillio
di
tessuti
preziosi
e con
ambientazioni
dense di
dettagli
architettonici
esotici.
Odalisca
è un
termine
che
diventa
familiare:
in
origine
la
parola
indicava
una
schiava
vergine
che
'poteva'
diventare
una
concubina
dell'harem,
ma
impropriamente
diventa
sinonimo
di
concubina,
amante
di
potenti,
donna
sessualmente
a
disposizione. I quadri
con
questo
tema
entrano
nelle
rassegne
annuali
dei Salons a
Parigi e della Royal
Academy a
Londra,
e
contribuiscono
a
diffondere
l'idea
di un
Oriente
sensuale
e
vitale,
quando
non
vizioso
e preda
degli
istinti.
Tra i
tanti
quadri
con
odalische
nell'harem
(per le
immagini
click
1 e
2),
ricordiamo
il
celebre
Donne di
Algeri
nei
loro
appartamenti
(1834)
di
Eugène
Delacroix
(a
destra),
e i meno
conosciuti
Gelosia
al
Serraglio
(1874)
di
Fernand
Cormon
e Il
massaggio
nell'Harem
(1883)
di Édouard
Bernard
Debat-Ponsan,
vero
trionfo
degli
stereotipi
degli Occidentali
ma
visivamente
molto
accattivanti
(sotto). |
|
-
BIBLIOGRAFIA:
S.
PERNIGOTTI,
La fortuna
dell'antico
Egitto,
in Archeo,
VIII/9 (103),
settembre
1993, pp.
60-97.
L. THORNTON,
Les
orientalistes,
peintres
voyageurs,
1828-1908,
Paris 1996;
C. COCO, Harem. Il
sogno
esotico
degli
occidentali,
Verona 1997;
M.T. BENEDETTI,
Magie
d'Oriente,
in Ars,
II/10 (11),
ottobre
1998, pp.
93-103; A. ZANELLA,
Trionfo e
declino
dell'Orientalismo,
ibidem, pp.
104-109;
R. BOSSAGLIA
(a cura di),
Gli
orientalisti
italiani.
Cento anni
di esotismo,
1830-1940,
catalogo
della mostra
(Torino,
Palazzina di
Stupinigi,
13 settembre
1998 - 10
gennaio
1999),
Venezia
1998; H.
EDWARDS (a
cura di),
Noble Dreams,
Wiched
Pleasures.
Orientalism
in America,
1870-1930,
Princeton
University
Press 2000
(catalogo di
una mostra
itinerante).
-
SITOGRAFIA:
Les peintres
orientalistes,
con elenco
geografico
degli
artisti;
Orientalist
Art of the
Nineteenth
Century,
con un link
di
bibliografia
e fonti
on-line. |
|
(Giulia Grassi,
ottobre-dicembre 2010) |
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