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SCHEDA DIDATTICA 7

 
LA SCULTURA IN BRONZO



Tra i materiali utilizzati per la scultura c'è il bronzo, una lega di rame e stagno. Fin da epoca molto antica sono state utilizzate varie tecniche per realizzare oggetti e statue con questo metallo. Ecco le più significative.


1. FUSIONE PIENA

 
Per la consistente quantità di materiale che richiede è adatta soprattutto a sculture e oggetti di piccole dimensioni.
 
a matrice. Il bronzo fuso viene colato entro uno stampo (di pietra o di terracotta, aperto a monovalve o chiuso a due valve) riempiendolo totalmente, senza lasciare alcuna cavità. Propria in particolare delle fasi più antiche (età del Bronzo), permette la produzione in serie ed è usata soprattutto per manufatti di uso pratico.
 
a
cera perduta con modello pieno. Si modella nella cera una scultura, la si ricopre con uno strato sottile di argilla e, ancora, con della terra refrattaria. Quando questa forma viene messa nel forno di cottura, la cera si scioglie e fuoriesce da aperture predisposte a questo scopo. Nella spazio vuoto lasciato dalla cera viene colato del bronzo fuso, che lo riempie totalmente prendendone la forma. Dopo che il bronzo, raffreddandosi, si è solidificato, si rompe lo strato esterno di argilla ed appare la scultura, che viene sottoposta a procedimenti di rifinitura (con eliminazione delle sbavature di metallo), lisciatura e levigatura. Con questo procedimento si ottengono solo esemplari unici, vista la perdita del modello in cera e del rivestimento in argilla.

 
Kouros
VII sec. a.C.,  cm 41 x 67 (Delfi, Museo Archeologico)

 

 
2. FUSIONE A CERA PERDUTA CON MODELLO CAVO
 

Fin dal VI secolo a.C. in Grecia vengono create statue in bronzo a grandezza naturale o maggiore del vero. La tecnica particolarmente utilizzata è quella della fusione a cera perduta con modello cavo, che richiede una minore quantità di bronzo e permette di realizzare opere di grandi dimensioni e relativamente leggere. Si tratta di una tecnica complessa e costosa, che comporta una grande abilità da parte dell'artista.
Si può procedere in modo diretto (fusione unica o per parti separate) e indiretto (a tasselli). C'è da dire che anche se conosciamo piuttosto bene i procedimenti adottati nella metallurgia antica, tra gli studiosi ci sono ancora molti contrasti circa il procedimento usato nei singoli bronzi.
 
A. Metodo diretto
 
È un procedimento dall'interno verso l'esterno, nel senso che si parte da una sagoma sommaria su cui lo scultore lavora aggiungendo strati sovrapposti di materiali diversi, ciascuno con determinate caratteristiche. Se la statua è di dimensioni modeste, si può procedere realizzandone la fusione in un'unica gittata, ma nel caso di grandi bronzi si preferisce fondere separatamente le varie parti e poi congiungerle mediante perni e saldature. In entrambi i casi, la successione delle fasi è sostanzialmente la medesima.
 
> Si abbozza un modello in terra refrattaria (terra di fusione), che è resistente alle alte temperature; detto nucleo o anima. Può essere modellato su un'intelaiatura di legno o metallo, per dargli maggiore solidità.
 
> Sul nucleo si stende uno strato di cera, materiale facilmente plasmabile, nel quale la figura viene modellata in modo accurato, in tutti i suoi dettagli; lo spessore della cera può variare da uno a due centimetri e mezzo, a seconda delle esigenze. È la fase della vera realizzazione della statua.
 
> La cera viene ricoperta da uno strato di materiale refrattario, dato col pennello in varie mani e riproducente i dettagli più fini (camicia). E poi da altri strati di materiale, gesso o ancora terra refrattaria, che creano la cosiddetta forma esterna o cappa, provvista di canali di getto per far uscire sia la cera (scolatoi) nella fase della cottura sia l'aria e i vapori di fusione al momento dell'immissione del bronzo fuso (sfiatatoi), più un'apertura per l'immissione del bronzo.
 
> Questo blocco viene sottoposto a cottura (400-500°). La cera si scioglie uscendo dagli scolatoi e lascia tra nucleo interno e forma esterna uno spazio vuoto.
 
>
In questa cavità si cola il bronzo liquido che, solidificandosi, prende la forma della figura modellata nella cera. La fuoriuscita di aria e vapori dagli sfiatatoi deve evitare la formazione di bolle d'aria e di grumi o che il metallo non raggiunga tutti gli interstizi riempiendo uniformemente ogni spazio. Si riempiono così anche i canali di getto.
 



(da: Stefano d'Amico, Tecniche tridimensionali, p. 7)

> Si lascia raffreddare. Si rompe la forma esterna ed emerge finalmente la
statua in bronzo.
 
> Si passa allora alla fase delle rifiniture, eseguite sia a caldo che a freddo: eliminare le sbavature di metallo e i canali di getto che spuntano dalla figura, levigare la superficie, incidere i dettagli a bulino e a cesello, lavorare alcune parti in agemina (con l'uso di sottili fili di altri metalli), applicare dorature e altri materiali: avorio e pietre colorate per gli occhi, lamine di rame per labbra e capezzoli o d'argento per i denti.
 
> Vengono aggiunti infine, fusi a parte, anche attributi particolari come armi, monili, corone d'alloro ecc.
 
In caso di statue di grandi dimensioni o particolarmente complesse i rischi legati alla fusione possono essere contenuti fondendo le varie parti separatamente. Con perni o saldature le parti vengono poi unite tra di loro e un lavoro di rifinitura particolarmente accurato nasconde i punti di giuntura.
Questo procedimento è stato utilizzato soprattutto dal III secolo a.C., ma non mancano esempi di epoca precedente, come l'Auriga di Delfi (datato tra 478 e 474 a.C.): la foto mette in evidenza in che modo il braccio sinistro, perduto, era fissato alla spalla e nascosto dalle pieghe del chitone. In questa statua sono fusi separatamente anche i piedi e la testa.

Con il metodo diretto di fusione si ottengono esemplari unici, vista la perdita del modello in cera e la rottura della forma per estrarre la statua in bronzo.

Auriga di Delfi

 
B. Metodo indiretto (a tasselli)
 
Per lungo tempo si è ritenuto che questo procedimento sia stato inventato soprattutto per evitare la perdita del modello e ottenere più repliche di una stessa opera; e che questo si avvenuto a partire dal tardo-ellenismo e poi soprattutto in epoca romana, vista la grande richiesta di statue per abbellire e nobilitare le case dell'aristocrazia. Gli ultimi studi (ad esempio di A. Melucco Vaccaro)
sembrano invece indicare che esso sia stato utilizzato per i grandi bronzi greci fin dal V secolo a.C.
Si procede in modo inverso rispetto al metodo diretto perché si parte dalla forma esterna per arrivare al nucleo interno, procedendo non per strati ma per riempimenti.
 

> Si realizza un modello in argilla (1), a grandezza naturale e molto accurato in tutti i dettagli.
> Da esso si ottiene un calco in gesso (2), applicando il materiale in forma di singoli pezzi separati e smontabili (tasselli).
> All'interno dei singoli tasselli viene steso uno strato di cera (3), applicato col pennello in varie mani, che assume l'aspetto dell'iniziale modello in argilla in essi impresso.
> Le lastre di cera, staccate dai tasselli, vengono montate su una 'statua' modellata sommariamente in materiale refrattario (anima), rinforzata da un'intelaiatura interna di legno o metallo (4).
> Le giunture tra le lastre di cera vengono nascoste e questo nuovo modello in cera viene ulteriormente ritoccato e rifinito; vengono inoltre fissati i canali di getto, sempre in cera, che fungono da sfiatatoi, scolatoi e apertura per il getto del bronzo fuso (5).
> Il tutto viene ricoperto da uno strato di materiale refrattario (camicia o forma) (6). A questo punto si procede come nel metodo diretto: cottura, deflusso della cera, immissione del bronzo fuso e così via.
 
Il numero di originali in bronzo che ci è pervenuto è incomparabilmente ridotto rispetto alle statue che nel mondo greco e anche romano sono state prodotte, tanto è vero che noi studiamo i grandi bronzisti dell'antichità in base alle copie in marmo di epoca romana (ad esempio, il Doriforo di Policleto, l'Apoxyòmenos di Lisippo, il Discobolo di Mirone). Questo perché i grandi bronzi sono stati fusi durante il medioevo per riutilizzare il metallo, diventato rarissimo, per fare monete, stoviglie e altri oggetti di uso quotidiano.
Gli esemplari giunti fino a noi si sono salvati in modo fortunoso: perché occultati sotto le macerie di templi crollati (Auriga di Delfi), seppelliti per damnatio memoriae (Bronzi di Cartoceto), erroneamente identificati (Statua equestre di Marco Aurelio, scambiata per quella del primo imperatore cristiano Costantino), affondati con la nave che li trasportava (Zeus/ Poseidon di Capo Artemision o i Bronzi di Riace).
 
 

I BRONZI DI RIACE
 
Rinvenuti in mare nel 1972, sono un esempio delle incertezze della critica a proposito della tecnica utilizzata dagli antichi  per fondere le statue. Il procedimento è quello della cera perduta con modello cavo, e per lungo tempo si è ritenuto che fossero stati fusi con il metodo indiretto, ma negli ultimi anni sta imponendosi la tesi che sia stato utilizzato il metodo diretto; chi segue questa seconda ipotesi, però, dibatte se siano stati realizzati in un'unica fusione o con la fusione di parti separate.
 

                            a             

a) Statua B: stato attuale e ipotesi ricostruttiva (di P. MORENO)
b) Statua A: particolare del volto con aggiunte in  avorio, argento e rame
c) Estrazione della 'terra di fusione' scoperta  all'interno dei bronzi

 
                          b                            c 

 
Di questi bronzi si ignorano la provenienza, la datazione e gli autori, e molte sono state le ipotesi avanzate in proposito. Una delle più recenti si basa, tra le altre cose, sul rinvenimento della terra di fusione al loro interno (1993). Questa è
stata estratta dai fori nei piedi ed analizzata, scoprendone la provenienza: dalla pianura dove sorgeva la città di Argo quella del Bronzo A e da Atene quella del Bronzo B, all'incirca di 25 secoli fa. La provenienza geografica e la tecnica usata, nonché lo stile del modellato, hanno convinto l’archeologo Paolo Moreno che l'autore del primo sia Agelada, scultore di Argo che è stato maestro di Mirone, mentre quello del secondo sia lo scultore Alcamene; che il Bronzo A sia da identificare con Tideo e quello B con Anfiarao, due dei "Sette contro Tebe"; e che le statue siano parte del Monumento dedicato ai Sette contro Tebe e ai loro figli che lo scrittore greco Pausania, tra 160 e 177, scrive di aver visto nella piazza principale di Argo.

(*Un mito di virilità che oltrepassa i millenni: consigli per farsi un corpo da Bronzo di Riace)

 
(Giulia Grassi, maggio 2009)

  


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