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SCHEDA DIDATTICA 4

 
LA STATUARIA

 
 

PERCEZIONE DI UNA SCULTURA A TUTTO TONDO
 
Una scultura a tutto tondo (statua o gruppo statuario) viene percepita in modo diverso da un rilievo scolpito.
Il
rilievo scolpito impone una visione frontale e quindi la sua osservazione è analoga a quella di un’opera pittorica (supporto bidimensionale).
La
scultura a tutto tondo, invece, è un volume isolato nello spazio e quindi la sua percezione varia in relazione al punto di vista dell’osservatore, che può "vedere" effettivamente solo la porzione inquadrata dal suo sguardo.

 
Ci sono statue che si apprezzano pienamente solo
frontalmente, nel senso che è la visione frontale che ci fa comprendere chiaramente il soggetto rappresentato e l’azione che compie.
È il caso del
Discobolo di Mirone (460-450 a.C. circa). Solo di fronte appare evidente che si tratta di un atleta che sta per lanciare il disco, e si colgono bene la tensione e la concentrazione che precedono il lancio. Solo di fronte percepiamo il senso di 'movimento bloccato' dell'atleta, come se l'istante tra il sollevamento del braccio in cui si accumula la forza necessaria e lo slancio del medesimo che proietta il disco venga fermato, fissato in
un equilibrio sospeso ed eterno (secondo linee-forza curve che si sovrappongono e si bilanciano).
                                                                                                       
La visione frontale riassume tutte le altre, come se la statua
           potesse essere vista contemporaneamente da tutti i possibili punti di
           vista.
           La statua, in questo caso, è una
forma chiusa nello spazio.
 


(vd., in Alipes, Lanciatori di disco)

 
                           Altre statue, invece, non hanno un punto di vista privilegiato ma sono fatte per girarci intorno.
È il caso del
Ratto delle Sabine del Giambologna (1583). Ogni punto di vista propone uno scorcio diverso, concluso in sé ma parziale, cosicché per cogliere la complessità dell’opera è 'necessario' girare intorno ad essa.
Il movimento dell'osservatore è del resto 'imposto' dallo stesso scultore, che ha rappresentato i tre corpi (due uomini e una donna) lungo linee-forza a "S", che imitano il ritmo spiraliforme del serpente, dette per questo
figure serpentinate (che sono state utilizzate in modo eccezionale da Michelangelo Buonarroti). Queste linee suggeriscono un ritmo avvolgente e saliente, e imprimono un grande dinamismo alla composizione e un effetto di naturalezza e scioltezza. 

La scultura si presenta come una
forma aperta nello spazio.
             
 
 

     



 
'APOXYÒMENOS' DI LISIPPO

Lisippo di Sicione, scultore prediletto di Alessandro Magno, è l'artista che rinnova il classico canone di Policleto (esemplificato dalla statua del Doriforo) e propone un nuovo modo di rappresentare la figura umana. Viene infatti considerato l'anticipatore della scultura ellenistica.
La statua che esprime al meglio queste novità è l'Apoxyòmenos (
Αποξyόμενος, 'colui che si deterge'), realizzato in bronzo intorno al 320 a.C. e noto in particolare da una copia romana in marmo (ai Musei Vaticani). Rispetto al Doriforo le differenze sono notevoli.

L'atleta non è rappresentato nella fase 'eroica' dell'attività agonistica (mentre gareggia o trionfante dopo la vittoria) ma in un gesto assolutamente banale, come quello del detergersi dopo la gara, gesto che è proprio di chi ha vinto come di chi ha perso: con uno strigile, uno strumento in metallo, si toglie il sudore, la polvere e l'olio con cui si era unto il corpo prima di confrontarsi nei giochi.
Lisippo, poi, abbandona il canone proporzionale policleteo, matematico e razionale, basato sul principio
dell'analoghìa / simmetria delle parti del corpo. La testa è più piccola, il corpo è più snello e meno possente cosicché la figura 'appare' più alta: l'euritmìa si sostituisce alla simmetria.
Diversa è anche la ponderazione. Nel Doriforo il rapporto incrociato tra arti inferiori e arti
                                 
 Doriforo di Policleto  
               arti superiori (chiasmo) dava alla figura una stabilità assoluta. Nell'Apoxyòmenos c'è una contrapposizione (antitesi): sono 'portanti' sia la gamba che il braccio sinistro (la prima sostiene il peso del corpo, il secondo compie l'azione di muovere lo strigile lungo il braccio opposto); all'inverso sono 'liberi' sia la gamba che il braccio destro (la prima è molto arretrata e ha uno scarto deciso verso l'esterno, il secondo subisce l'azione dello strigile). All'equilibrio statico se ne sostituisce uno dinamico.
La figura acquista una elasticità nuova, e un senso di interno dinamismo, che sono anche rafforzarti dal protendersi in avanti delle braccia, un gesto in cui qualcuno ha visto 'la conquista della terza dimensione' nella statuaria. Il braccio destro disteso in avanti e quello sinistro
piegato, che celano in parte il busto, producono un gioco di luci e di ombre nuovo, che varia con il variare del punto di vista dello spettatore, il quale tende automaticamente a spostarsi di lato per cogliere l'azione da un'altra angolazione. Al punto di vista unico, frontale, della statuaria classica, si sostituisce una pluralità di punti di vista, cosicché la figura non appare mai la stessa.

Lisippo affermava di voler rappresentare gli uomini "come appaiono all'occhio", mutevoli a seconda della luce e della visuale, nel variare continuo della realtà. L'idealizzazione classica viene completamente superata.

Volto dell'Apoxyòmenos

 
 
LISIPPO E GLI ALTRI

Lisippo è stato uno scultore molto prolifico: gli scrittori antichi gli attribuivano circa millecinquecento opere. L'influsso della sua scultura si può cogliere in artisti vissuti millenni dopo di lui. Alcuni insospettabili, come Caravaggio. Altri più ovvi. Tra questi ultimi, e molto sinteticamente: Canova, col suo Ercole e Lica (entro 1815) (vedi Un eroe italiano), e Michelangelo, con la figura del Battista nel Giudizio Universale della Cappella Sistina (1536-1541).
 

                               

 
(Giulia Grassi, aprile 2009)
 

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