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Scarpe da ginnastica panatenaiche
 
di Giulia Grassi
 

 

Nel 2004 i Giochi Olimpici si sono svolti ad Atene. La città aveva partecipato alla selezione per i giochi del 1996, molto importanti perché celebravano il centenario delle olimpiadi moderne, effettuate per la prima volta proprio ad Atene, nel 1896. Ma la scelta del CIO (Comitato Olimpico Internazionale) era caduta su Atlanta, USA, suscitando molte polemiche, tanto che si era addirittura parlato della corruzione di alcuni suoi membri per far ottenere la designazione alla città americana.

Proprio nel 2004 è apparsa la campagna pubblicitaria "Olympic Edition" di alcuni modelli delle scarpe Adidas Originals, la linea streetwear del
   

marchio, il cui logo a trifoglio (creato nel 1972) appare in alto a sinistra (sul logo, M. Agnello,

2003, p. 20 e sgg).

Una campagna veramente olimpionica.
 

 

Brand: Adidas Original Shoes

Titolo: Olympic Edition

Cliente: Adidas Salomon

Agenzia Pubblicitaria: TBWA Germania (Berlin) 

Account Supervisor: Kerstin Gold / Tobias Pagel

Advertiser Supervisor: Hannes Kranzfelder

Illustratore: Felix Reidenbach e Tobias Wandres

Creative Team: Kurg Georg Dieckert, Stefan Schmidt, Lennart Witting, Florian Kitzing

 

 

 

Appare subito evidente che l'illustratore, Felix Reidenbach (che firmerà anche la spettacolare pubblicità adidas Fresco, per i mondiali di calcio del 2006), si è ispirato ai vasi greci a figure nere (VI secolo a.C.) che, numerosissimi, recano la rappresentazione delle gare olimpiche e del mondo dell'atletica in generale.
Il nobile modello classico è però rielaborato con molta ironia, e le immagini sono in relazione con il modello di scarpa che appare in basso a destra preceduto dal pay-off: The X-Country: Still Tough, The Speeder: Still Fast, The Wrestling: Still Strong. Naturalmente le figure calzano le scarpe pubblicizzate e quelle maschili, nude ed atletiche, hanno sulla testa la corona dei vincitori olimpici.
 
                                                                                                                               

Anfora panatenaica a figure nere con
scena di corsa, ca 530 a.C., attribuita al
Anfora panatenaica a figure nere con scena di 'pancrazio' (Londra, British Museum - cat. B 610)
a
Pittore di Euphiletos (New York, Met)
 


Nelle immagini pubblicitarie le figure sono sintetiche e bidimensionali, con i dettagli resi da linee sottili come nella ceramica greca. Gli elementi moderni come l'autobus, l'automobile, il negozio di abbigliamento o i palazzi sono 'grecizzati' con colonne ioniche, timpani e il motivo conosciuto come 'greca' (decorazione formata da un listello che ha un andamento regolare e ad angoli retti e che si ripete uniformemente), che appare anche sulla cornice che circonda le scenette, caratterizzate ognuna da un colore uniforme di sfondo. Un modo ironico, e ben riuscito, di alludere all'opera d'arte antica.


 



 
ALTRI ESEMPI
 
• I manifesti per una gara podistica effettuata a Parigi nel 1988 (dall'archivio on-line del Musée de la Publicité di Parigi)
• uno dei manifesti per le olimpiadi del 1992 a Barcellona (idem)
• una pubblicità del 1999 per History Channel, 'The official Network for every Millennium' (in L'art  dans la Pub, 2000, fig. 127).

 

    La nudità e la bellezza degli atleti greci

Gli atleti greci gareggiavano nudi, e consideravano tipico del 'barbari' coprire i genitali con un perizoma durante le gare (Tucidide). Non è chiaro il perché di questa prassi, le fonti storiche sono avare di informazioni in proposito. Il grande legislatore Solone di Atene così spiega ad Anacarsi, un 'barbaro' scita, il perché della nudità: "Dovendo comparire nudi davanti a tanta gente [i giovani] avranno cura del proprio corpo, per non vergognarsene denudandosi, e ciascuno vorrà per ogni verso essere degnissimo della vittoria" (Luciano di Samosata).
Quindi gli atleti erano esteticamente belli, perché "la bellezza di un uomo giovane è di avere un corpo allenato alla fatica, alla corsa, agli esercizi di forza, e di presentare nello stesso tempo un aspetto piacevole"
(Aristotele). E le statue dei vincitori dei giochi, di cui ci sono arrivati molti esempi (anche se come copie romane di originali in bronzo perduti) celebrano appunto il trionfo della bellezza fisica.
Ma non si tratta di un fatto solo 'esteriore': in questi corpi, che gli scultori rendono perfetti, idealizzati, in base a precise norme di rappresentazione (Doriforo di Policleto), si esprime una visione dell'Uomo non solo estetica ma anche etica, sintetizzata nel termine kalokagathia. Scrive Platone: "Tutto quello che è buono (agathòs) è bello (kalòs), e il bello non è privo di simmetria: dunque anche l'essere vivente per essere buono deve essere simmetrico".

La bellezza fisica dell'atleta manifesta, quindi, anche una sua bellezza interiore: allenarsi con continuità per ottenere la vittoria ai giochi deriva da autodisciplina, frutto di equilibrio morale e intellettuale, e da questo consegue un corpo muscoloso, agile e armonioso; solo chi è anche nobile e virtuoso conseguirà, alla fine, la vittoria (da non dimenticare che, nei Giochi antichi, c'erano solo discipline individuali).
Per tutto questo attività ginnica e attività intellettuali sono poste sullo stesso piano: "chi si applica alla scienza o ad altro grave lavoro intellettuale, deve anche esercitare i movimenti del corpo, praticando l'arte nei ginnasi (ghymnastikè); e così chi alleva accuratamente il corpo deve a sua volta farvi corrispondere i movimenti dell'anima, giovandosi della cultura (mousikè) e di tutta la filosofia, se vuole essere chiamato a ragione uomo veramente bello e insieme buono (kalòs kai agathòs)" (Platone).

Queste idee saranno alla base della paideia (educazione) dei giovani codificata nella pedagogia di epoca ellenistica.
Verranno riprese nel Settecento (Bello).


Sulla relazione marca-sport nella pubblicità vedi Agnello-Marrone, 2007

 

fonti: Coloribus

(marzo 2009)

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