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SCHEDA DIDATTICA 12 |
MOSAICI E INTARSI:
TECNICHE DI DECORAZIONE PAVIMENTALE E PARIETALE NELL'ANTICHITÀ |
Nell'antichità, in
particolare dall'epoca ellenistica, per la decorazione
di pavimenti, pareti e volte degli edifici erano largamente
diffuse tecniche decorative basate sull'accostamento di elementi
di materiali diversi (pietre e marmi colorati, paste vitree,
madreperla, smalti) e variamente sagomati: il mosaico e
l'intarsio.
.
●
mosaico
- composizione formata da piccoli elementi di forma grosso modo
cubica chiamati tessellae (= tessere), da cui il nome
generico di tessellata pavimenta per i pavimenti musivi,
mentre la parola mosaico (opus musivum) è di origine
incerta e indica i rivestimenti parietali.
● intarsio
- composizione formata da lastrine marmoree sagomate chiamate
crustae, da cui il nome generico di incrustationes
per indicare gli intarsi sia pavimentali sia, soprattutto,
parietali. Molto diffusi anche i termini sectilia, e
opus sectile.
In entrambi i casi il supporto era costituito da un letto di
malta, spesso rafforzata con l'inserzione di elementi quali
frammenti di anfore o di pietre o lastrine marmoree. Le
decorazioni parietali erano sostenute anche da grappe di
metallo (i fori che si vedono sui muri di molti monumenti romani
indicano l’esistenza di un rivestimento parietale perduto,
click).
Il mosaico è considerato
una tecnica della pittura mentre l'intarsio una forma di
decorazione. Sono la testimonianza della grande passione per la
policromia che caratterizzava l'antichità greco-romana, evidente
anche dall'uso di
colorare
i marmi di sculture e architetture.
A. IL MOSAICO
Il mosaico, nato come
pavimentale, poteva decorare sia i pavimenti che le pareti.
Si
pensa che i pavimenti più antichi siano
quelli con mosaici di ciottoli
naturali bianchi e colorati; in
Grecia i primi esempi si trovano a Tirinto (XIV secolo a.C.).
Questa tecnica raggiunse i suoi massimi livelli nel
V-IV secolo a.C., ma già dal III secolo i ciottoli
cominciarono ad essere sostituiti da tessere
appositamente sagomate.
Il procedimento esecutivo non era complicato: su uno strato
compatto di grandi pietre veniva versato prima uno spesso strato
di malta grossolana e, successivamente, uno più sottile di malta
liscia, sul quale erano fissati i ciottoli quando ancora era
fresca.
I ciottoli erano scelti preferibilmente di piccole
dimensioni (per una maggiore accuratezza nei dettagli) e
possibilmente di forma simile, anche se era impossibile ottenere
una omogeneità totale, nemmeno nei pavimenti più raffinati.
Poteva venire inserita anche una sottile lamina di
piombo,
per evidenziare il contorno delle immagini o definire
piccoli particolari (come si farà, molti secoli
dopo, nelle vetrate policrome
gotiche).
Caccia di
Alessandro ed Efestione al cervo,
pavimento da Pella (Macedonia), circa 310 a.C.
Opera di GNOSIS, da un quadro del pittore APELLE |
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Il termine mosaico è generico,
in quanto viene usato per indicare tecniche diverse, ognuna con
caratteristiche specifiche: tra le tante, ricordiamo qui di
seguito l'opus
tessellatum, l'opus vermiculatum, l'opus musivum. Alla
realizzazione di un mosaico partecipavano vari professionisti.
Le fasi preliminari erano affidate al pictor imaginarius,
il pittore che produceva un cartone
preparatorio a grandezza naturale del soggetto, e al pictor
parietarius, che riportava il disegno
(detto sinopia)
del cartone sul supporto
mentre nella realizzazione intervenivano il musivarius
e il
tessellarius (che componeva l'opus tessellatum pavimentale);
solo le prime tre figure vengono assimilate all'artista.
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opus tessellatum
Mosaico pavimentale, realizzato con
cubetti o tessellae (tessere) di pietra,
marmo o cotto dalle dimensioni abbastanza grandi
(fino a 2 cm. di lato). Per questo comportava, in
genere, una minore accuratezza nei particolari.
In bianco e nero o policromo.
Pavimenti a
Villa Adriana a Tivoli (II secolo) e nella
Basilica di Aquileia (IV
secolo) |
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opus
vermiculatum
Tecnica di origine
ellenistica (Alessandria d’Egitto).
Mosaico composto da tessere policrome di
dimensioni molto piccole (fino a 63
tessere in 1 cm²), che permettevano
di rappresentare i soggetti in modo
molto dettagliato e con tutte le
possibili sfumature e passaggi di
colore, con effetti decisamente pittorici.
Era particolarmente
raffinato, e costoso, cosicché veniva solitamente
usato per "quadretti"
chiamati emblemata
(singolare: emblema), che
venivano lavorati a parte e poi
inseriti all’interno del pavimento
in tassellato.
Ci sono pervenuti, però, anche
grandi pavimenti interamente
realizzati con questa tecnica (il
Mosaico di Alessandro e Dario,
dalla Casa del Fauno a Pompei).
Emblema con
colombe,
da Villa Adriana, II secolo d.C.
(copia romana da un originale
ellenistico di SOSOS di Pergamo)
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opus musivum
È il
mosaico di pareti e volte, in
tessere quasi esclusivamente di
vetro e pasta vitrea (ma
anche madreperla e smalti). In epoca
romana è usato in genere a
decorazione di nicchie e volte di
ninfei e ambienti termali, legati
quindi all’acqua, poiché per le sue
caratteristiche interagisce con la
luce e l’acqua creando effetti
luministici particolari (a).
Dall'epoca paleocristiana è la
decorazione preferita all’interno
delle chiese (pareti al di sopra dei
colonnati, arco trionfale, abside).
Molto usate erano le tessere
dorate: si ottenevano da grandi
lastre composte da una
sottilissima lamina metallica tra
due sottili lastre di vetro,
sottoposte a cottura e poi tagliate in
cubetti
di varie dimensioni, in genere
quadrangolari, ma anche triangolari,
circolari etc.
Quando le tessere venivano inserite
nella malta, il mosaicista riusciva
ad ottenere particolari effetti di
luminosità attraverso la variazione
del loro formato e, anche,
della loro inclinazione in modo da
far rifrangere la luce su di esse (b).
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a) Domus di Nettuno e
Anfitrite,
Ercolano (I
secolo) |
b) Teodora con il suo seguito,
San Vitale a Ravenna, VI secolo |
B. L'INTARSIO
DI ELEMENTI MARMOREI
Sia sui pavimenti che sulle pareti si
trova impiegato l’intarsio di elementi marmorei. Anche in questo
caso si distinguono varie tecniche, ma è comunque bene separare
la decorazione parietale da quella pavimentale. Tra le più
interessanti:
- opus interassile:
usato soprattutto per pareti, consiste in un’unica lastra di
pietra tenera (ardesia, palombino ecc) scavata in negativo e
riempita con marmi policromi sagomati.
- opus sectile:
composizione di lastre di pietre colorate di varie forme e
dimensioni, usata sia per pavimenti che per pareti. Si parla
anche di crustae (lastrine) e quindi di
incrustationes o parietes crustatae
(particolarmente in riferimento alle pareti). Diffuso anche il
termine generico sectilia.
Il largo uso di intarsi nel
mondo romano è un aspetto del massiccio utilizzo di marmi
colorati che comincia con Augusto. Non è solo una questione di
decorazione o abbellimento degli edifici, in quanto la prassi si
configura come espressione della publica magnificentia
dell'imperatore. I marmi affluivano nell'Urbe da ogni provincia
dell'impero: erano la prima, tangibile, manifestazione delle
vittorie dell'esercito. Erano, poi, la prova delle grandi
capacità organizzative della macchina statale, che riusciva a
convogliare verso il cuore dell'impero i frutti delle conquiste
anche da luoghi remoti. Infine, il loro uso su larga scala
sottolineava la ricchezza e la grandezza di Roma, rendendone
partecipe la popolazione (vedi:
I Marmi
Colorati della Roma Imperiale,
Catalogo della mostra a Roma - Mercati di Traiano, 8 Settembre
2002 - 19 Gennaio 2003).
Col tempo, si diffusero anche nell'edilizia privata.
Foro di Augusto (dedicazione:
2 a.C.)
Complesso architettonico (m 120 x 120) dominato dal
Tempio di Marte Ultore (Vendicatore), eretto a
ricordo della sconfitta inflitta a Filippi (42 a.C.)
a Bruto e Cassio, protagonisti dell'assassinio di
Giulio Cesare che veniva, così, vendicato.
Il Tempio di Marte
Ultore (a),
in marmo bianco italico, all'interno della
cella era pavimentato con lastre di pavonazzetto
(phrygium: bianco con venature "paonazze",
cioè di colore violaceo scuro), giallo antico
(numidicum) e marmo africano (luculleum:
brecciato, con fondo nero e clasti di varie
dimensioni di colore bianco con sfumature rosate, o
rosse, o anche nere e grigie); l'abside era foderata
da lastre d'alabastro.
Marmi
preziosissimi anche nell’Aula del
Colosso (d), chiamata così per la
statua del 'Genio di Augusto', alta circa 12 metri e
realizzata con la tecnica dell’acrolito
(carni in marmo bianco, nel caso il pregiatissimo
marmo greco pario, e vesti forse in
lamine di bronzo dorato).
Il pavimento era in lastre di pavonazzetto e
giallo antico.
Sulle pareti si alternavano marmo pavonazzetto,
alabastro, bianco lunense e giallo
di Numidia, che
dividevano
la superficie in riquadri entro cui trovava posto
una ricca pinacoteca.
Sulla parete di fondo c’era un rivestimento di
lastre marmoree dipinte a colori vivaci.
I portici e le esedre erano
magnifici e i marmi erano scelti in modo che i loro
colori contrastanti creassero un'impressione di
lusso assoluto.
Il portico in facciata (b)
presentava colonne scanalate in giallo antico
sorreggenti una trabeazione scolpita in bianco
lunense mentre all'interno(c) era
caratterizzato da colonne in cipollino (carystium:
bianco-verdastro, percorso da fitte nervature
ondulate di colore verde-bluastro e con spessi
strati di mica) nell'ordine inferiore e africano
in quello superiore.
Le esedre (c)
retrostanti erano
caratterizzate da due ordini di semicolonne, in
giallo antico quello superiore e in cipollino
quello inferiore.
I pavimenti presentavano sectilia a riquadri di marmo
africano bordati di giallo antico entro
fasce in bardiglio (grigioscuro-bluastro).
C'erano poi decine di statue, poste entro nicchie (nelle esedre)
o su alte basi (tra le colonne dei portici
affacciati sulla piazza).
Questa esplosione
di colori era accentuata dalla semplicità del
pavimento della piazza (a),
di eleganti lastre di marmo bianco, e dal
biancore delle colonne del tempio e delle
trabeazioni scolpite mentre le statue
templari erano di
marmo dipinto nel frontone e di
bronzo dorato agli angoli). |
a
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I
rivestimenti in opus sectile,
e i marmi policromi in genere, sono
quasi totalmente scomparsi: il
saccheggio, e riutilizzo, dei marmi
preziosi del Foro di Augusto è
verosimilmente cominciato nel VI
secolo, quando venne demolito il
tempio di Marte Ultore. Solo le
ricostruzioni virtuali ci permettono
di intuire lo sfarzo e la
grandiosità dell’insieme.
I Fori costruiti successivamente non
erano meno splendidi, in particolare
quello di Traiano, il più ricco di
tutti (anche se sembra difficile
immaginarlo!). |
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Aula di Porta Marina a Ostia
(383-388)
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L'uso
dei marmi colorati si
diffuse anche
nell'edilizia privata,
ovviamente nelle
residenze dei personaggi
più ricchi e influenti,
diventando un vero
status symbol: era
infatti un modo per
affermare il proprio
prestigio sociale e il
proprio potere.
Ne
è un esempio la cd
Aula di Porta Marina
(Ostia), pertinente a
una lussuosa
domus databile
al 383-88 e rinvenuta
casualmente nel 1959,
quando venne portata alla luce
l'eccezionale decorazione
parietale e pavimentale
in opus sectile
di un grande ambiente
rettangolare
(m 7,45 x
6,70)
concluso da un’esedra a
muro piano
(m 6,00 x 3,90).
Gli elementi
sopravvissuti sono tali
da permetterne una
ricostruzione quasi
completa.
La decorazione delle
pareti, di carattere sia
geometrico che vegetale
e figurativo, era
realizzata con lastre
sagomate di quattro
marmi preziosissimi -
giallo antico,
porfido rosso,
pavonazzetto,
porfido verde (più
il bardiglio per
alcune figure) - che
componevano immagini di
eccellente fattura.
Il pavimento non era
meno sontuoso: di tipo
geometrico, con cerchi e
poligoni intrecciati
contenenti pelte,
utilizzava gli stessi
quattro marmi colorati
(secondo una
quadricromia inventata
in epoca neroniana e
molto radicata nel gusto
romano).
Il soffitto era a
mosaico blu e oro,
come testimoniano le
tessere rinvenute.
Toglie il fiato per la
sua bellezza (se si
va al
Museo dell'Alto
Medioevo, a Roma,
dove è stata
ricostruita). Presentata
per la prima volta in
occasione della mostra
Aurea Roma. Dalla
città pagana alla città
cristiana (Roma -
Palazzo delle
Esposizioni,
22 dicembre 2000 - 22
aprile 2001).
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A
destra, dall'alto:
- particolare del pavimento
- pannello con leone che azzanna un cerbiatto
(parete destra dell'aula)
- capitello floreale della parete esterna
dell'esedra
- decorazione geometrica della parete interna
dell'esedra |
Molti di questi marmi della Roma imperiale -
scomparsi o in rovina gli antichi edifici che ne
erano arricchiti - sopravvivono nei monumenti della
Roma medievale, rinascimentale e, soprattutto,
barocca. |
(Giulia Grassi,
agosto-settembre 2009) |
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