Il XX secolo segna
una frattura nell'arte: le Avanguardie, che si affermano
dagli inizi del secolo, mettono in crisi finalità e
procedimenti tradizionali
del fare artistico. Scrive G.C. Argan: "Con
il
termine avanguardia si intende un movimento che
investe nell'arte un interesse ideologico e
deliberatamente prepara ed annuncia un radicale
rivolgimento della cultura e del costume, negando in
blocco tutto il passato e sostituendo alla ricerca
metodica un'audace sperimentazione nell'ordine
stilistico e tecnico" (Storia dell'arte,
1970, pp. 377-378).
L'esigenza di affidare alla comunicazione visiva
l'espressione di nuovi contenuti si era già manifestata
alla fine del secolo precedente nella produzione dei
simbolisti e dei cosiddetti post-impressionisti (Cézanne,
Seurat e van Gogh per tutti), nei quali i critici hanno
ravvisato un primo allontanamento dall'arte intesa come riproduzione
mimetica della realtà e uno "spostarsi
dell'interesse dall'ottico al concettuale". Una tendenza
concettuale che viene pienamente realizzata agli
inizi del Novecento con una radicale trasformazione dei
mezzi espressivi, cioè delle
tecniche e dei materiali. |
Il polimaterismo,
vale a dire l'accostamento di
materiali
diversi su
un supporto
bidimensionale
o in
assemblaggio tridimensionale, è una delle espressioni
più significative delle sperimentazioni delle
avanguardie.
Il punto di non ritorno è rappresentato
dall'invenzione,
ad opera di Braque e
Picasso, del
papier-collé
e del
collage,
tecniche con
le quali
materiali
'reali'
vengono
inseriti
sulla tela.
Dopo che per
secoli la
realtà era
stata
evocata
dalla
pittura, che
l'aveva riprodotta
sul supporto
con i
pigmenti
(arte come
mimesis,
imitazione)
fino a
ottenere
effetti trompe-l'oeil
addirittura
sorprendenti
(a destra),
ora è la
stessa
realtà che
irrompe
nell'arte
mediante
l'inserzione
effettiva di
'pezzi' di
essa
nell'opera.
Così, la secolare distinzione tra
pittura e
scultura entra in crisi, i materiali
usati tradizionalmente
(olii
naturali e
sintetici,
pietra,
bronzo,
legno)
vengono affiancati da altri inusuali o semplicemente
nuovi (stagnola, tela di
sacco, plastica, cemento, fili metallici, resine, latta,
neon, colla, sabbia, acrilici...), mentre la fotografia assume lo status di espressione
artistica e contribuisce a innovative tecniche di
rappresentazione.
Le nuove tecniche stravolgono il concetto tradizionale
di composizione; e l'attenzione si sposta dall'opera d'arte
all'artista che manipola la materia, al 'gesto' che
compie, o alla materia in sé per il suo intrinseco
valore
espressivo.
È una vera e
propria
rivoluzione. |
|
a
Nicholas
van
Hoogstraten,
Quodlibet,
1666 |
Quello che
segue è un
sintetico
elenco di
queste
innovazioni,
diviso in
due parti.
Non di
rado fare
una
distinzione
tra le varie
tecniche non
è semplice,
perché per
la natura
stessa
dell'arte
del XX
secolo i
confini tra
di esse sono piuttosto
labili. |
ASSEMBLAGE
Ideato
dai cubisti e imparentato fin dalle origini
al
collage.
Consiste infatti nell'articolarsi tridimensionale
nello spazio dei nuovi materiali utilizzati
per il collage.
È il
caso delle Costruzioni di Picasso, in
cui pezzi di legno, di cartone, lamine e
fili metallici vengono assemblati componendo
una scultura (a, Maquette di
chitarra, 1912).
È significativo che il termine venga coniato
da Jean Dubuffet, nel 1953, proprio per
distinguere le sue opere polimateriche dai
collage.
L'assemblaggio polimaterico è stato molto
amato dai futuristi, secondo i quali "al
fine artistico vanno utilizzati fili
metallici, di cotone, lana, seta, vetri
colorati, carte veline, reti metalliche,
trasparenti" (b, Dinamismo di
un cavallo in corsa + case, realizzato
da Umberto Boccioni nel 1915: guazzo, olio,
legno, cartone, rame e ferro dipinto).
Fatto
proprio, anche con modifiche, dalle
avanguardie successive; una forma di
assemblaggio è, ad esempio, il
Merzbau di Kurt Schwitters. |
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a
b |
COLLAGE
Invenzione cubista.
Consiste
nell'incollare
su un
supporto
frammenti di
carta, di
giornale, di
cartone e
di altri
materiali (corda, tela,
lamina
metallica
... anche
sabbia
mescolata al
colore).
Il primo
collage, con
il quale la
realtà entra
materialmente
in un'opera
d'arte, è
considerato
Natura
morta con
sedia
impagliata,
di Picasso
(1912). L'artista ha
incollato
sulla tela
frammenti di
carta e un
pezzo di
tela cerata
che
riproduce
l'impagliatura
della sedia,
integrandoli
con altri
oggetti
dipinti a
olio. La
cornice
della tela,
ovale, è
vera corda.
Scrive
Geltrude
Stein: "In
quel periodo
Picasso
cominciò a
divertirsi
facendo
quadri con
lamiera di
zinco,
latta,
papier-collé.
Non faceva
scultura,
faceva
pittura con
tutte queste
cose".
Il collage
scardina la
tradizionale
idea di 'composizione'
pittorica e
il quadro
assume uno
spessore,
una
volumetria
proprio in
virtù
dell'inserto
di concreti
elementi
polimaterici:
la pittura
si avvicina
alla
scultura.
È quindi una forma
di assemblage.
Diverso dal
papier-collé.
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DECALCOMANIA
Rielaborazione
surrealista.
Tecnica
inventata in
Inghilterra
dall'incisore
francese
Simon
François
Ravenet
(metà XVIII
secolo) per
decorare
ceramica e
altri
materiali:
disegni e
ornati,
realizzati
a parte,
erano fatti
aderire alla
superficie
dell'oggetto
mediante un
procedimento
per
trasferimento
a pressione.
Viene
ripresa
nel 1936
dal
surrealista
spagnolo
Oscar
Domínguez,
che utilizza
gouache
poi fatte
aderire per
pressione su
carta o su
tela;
dapprima
realizza
monocromi
neri (Senza
titolo,
1936-37),
successivamente
passa alla
policromia.
Il
procedimento
è stato
fatto
proprio da
altri
artisti
surrealisti
(in
particolare
Max Ernst),
che lo
utilizzano
secondo
specifiche
varianti al
fine
ottenere gli
esiti più
disparati e
personali.
Infatti è
strettamente
aderente al
concetto di automatismo
psichico, che
è il cardine
della
creatività
surrealista
(che si
avvale, per
questo,
anche di
dripping,
frottage
e
grattage).
Un
suggerimento
per lasciare
campo libero
alla
creazione?
Eccolo: "Stendete,
con un largo
pennello,
della
tempera
nera, qua e
là diluita,
su un foglio
di carta
bianca
satinata,
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che coprirete subito dopo con un
foglio identico al primo, esercitate su
di esso col dorso
della
mano una giusta pressione. Sollevate
senza fretta, prendendolo per il bordo
superiore, il secondo foglio, nello
stesso modo in cui si procede per la
decalcomania, salvo riapplicarlo e
risollevarlo fino a che sia
completamente secco. [...] Vi basterà
intitolare l'immagine così ottenuta in
funzione di quello che vi scoprirete
ponendovi a una certa distanza, per
essere sicuri di esservi espressi nel
modo più personale e valido". |
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a |
DÉCOLLAGE
Ideazione
controversa.
È una procedura inversa a
quella del
collage,
come del
resto suggerisce il nome: invece
di aggiungere elementi si
tolgono, strappandone
intenzionalmente dei frammenti.
C'è chi ne attribuisce
l'invenzione a Mimmo Rotella
(nel 1955), che dapprima incolla
sulla tela pezzi di manifesti e
locandine strappati per strada
e, in seguito, perfeziona la
tecnica con il double
décollage: manifesti
pubblicitari strappati,
incollati su tela e, di nuovo,
lacerati
(a,
Casablanca, 1963-83). Un
modo di operare che
nasce da una riflessione sia sul
collage cubista che sul
ready-made dadaista. |
b |
Per altri
il décollage viene ideato nell'ambito del
New Dada, da artisti come
Jacques Villeglé (b) e
Raymond Hains. |
|
DRIPPING
a |
Invenzione
surrealista.
Deriva dal verbo inglese to drip
(sgocciolare) e consiste nello spruzzare o
sgocciolare il colore sulla tela, in modo
che le
immagini che si formano sul supporto siano
dovute prevalentemente al caso.
Pare che il primo ad usarla sia stato Max
Ernst, gran sperimentatore di tecniche
espressive, come questa, dell'automatismo
psichico surrealista (cioè il
frottage e
il
grattage) e legate perciò all'idea di
gestualità automatica: in questo modo
sono le pulsioni inconsce a emergere,
irrazionali e istintive, non sottoposte ai
vincoli della ragione. Utilizzato in
Surrealismo e pittura, del 1942 (a).
Lo stesso Ernst nel 1958 lo definirà "un
gioco da ragazzi, che molti pittori di New
York adottarono, definendolo dripping e
facendone abbondante uso".
Il termine, non a caso, richiama
immediatamente i lavori dello statunitense
Jackson Pollock, dagli amici soprannominato
'Jack lo sgocciolatore' e massimo esponente
dell'action painting (o
Espressionismo astratto) del secondo
dopoguerra: ne è un esempio Full Fathom
Five, del 1947 (b). |
|
b |
Due video su Pollock. Il primo mostra
l'artista in azione; il secondo è tratto
dal film diretto e interpretato da Ed Harris
(2000).
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a. Critico d'arte (1919) - fotom. e
collage b. È questa la salvezza che portano
(1938) |
|
FOTOMONTAGGIO
Invenzione
dada.
La sua
affermazione
è
legata a
Raoul Hausmann
(a),
che sostenne
di averlo
inventato
nel 1918,
e John
Heartfield,
per alcuni
il vero
inventore:
entrambi
esponenti di
Dada a
Berlino. Si
tratta di
una forma di
rielaborazione
dell'immagine
fotografica
che prende
spunto dal
collage
cubista e
dal
polimaterismo
futurista,
ed è
particolarmente
consono alla
visione dei
dadaisti,
che si
autodefinivano
"tecnici del
montaggio".
Si
interveniva
sia sui
negativi che
sulle foto.
Queste
ultime,
prese da
giornali e
manifesti
o/e
appositamente scattate,
venivano
ritagliate e
incollate
insieme per
creare
composizioni
nuove e
spesso
spiazzanti;
non di rado
si
interveniva
con disegni,
scritture e
pittura per
raggiungere
"un'unità
che
strappava
un'immagine
visivamente
e
concettualmente
fedele di
quel caotico
periodo di
guerra e di
rivoluzione"
(Hausmann).
Infatti i dada
tedeschi lo hanno molto
usato
nell'ambito
della
propaganda
politica e
sociale:
particolarmente
efficaci
sono i
fotomontaggi
antinazisti
di Heartfield (b).
Fatto
proprio
dalle altre
avanguardie,
a cominciare
dai
costruttivisti
russi e dai
surrealisti
(vedi anche
rayografia). |
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