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SCHEDA DIDATTICA 14

 
MATERIALI E TECNICHE: L'INNOVAZIONE DELLE AVANGUARDIE NEL XX SECOLO
(prima parte)

 
 
Il XX secolo segna una frattura nell'arte: le Avanguardie, che si affermano dagli inizi del secolo, mettono in crisi finalità e procedimenti tradizionali del fare artistico. Scrive G.C. Argan: "Con il termine avanguardia si intende un movimento che investe nell'arte un interesse ideologico e deliberatamente prepara ed annuncia un radicale rivolgimento della cultura e del costume, negando in blocco tutto il passato e sostituendo alla ricerca metodica un'audace sperimentazione nell'ordine stilistico e tecnico" (Storia dell'arte, 1970, pp. 377-378).
L'esigenza di affidare alla comunicazione visiva l'espressione di nuovi contenuti si era già manifestata alla fine del secolo precedente nella produzione dei simbolisti e dei cosiddetti post-impressionisti (Cézanne, Seurat e van Gogh per tutti), nei quali i critici hanno ravvisato un primo allontanamento dall'arte intesa come riproduzione mimetica della realtà e uno "spostarsi dell'interesse dall'ottico al concettuale". Una tendenza concettuale che viene pienamente realizzata agli inizi del Novecento con una radicale trasformazione dei
mezzi espressivi, cioè delle tecniche e dei materiali.

Il polimaterismo, vale a dire l'accostamento di materiali diversi su un supporto bidimensionale o in assemblaggio tridimensionale, è una delle espressioni più significative delle sperimentazioni delle avanguardie.
Il punto di non ritorno è rappresentato dall'invenzione, ad opera di Braque e Picasso, del papier-collé e del collage, tecniche con le quali materiali 'reali' vengono inseriti sulla tela.
Dopo che per secoli la realtà era stata evocata dalla pittura, che l'aveva riprodotta sul supporto con i pigmenti (arte come mimesis, imitazione) fino a ottenere effetti trompe-l'oeil addirittura sorprendenti (a destra), ora è la stessa realtà che irrompe nell'arte mediante l'inserzione effettiva di 'pezzi' di essa nell'opera.

Così, la secolare distinzione tra pittura e scultura entra in crisi, i materiali usati tradizionalmente (olii naturali e sintetici, pietra, bronzo, legno) vengono affiancati da altri inusuali o semplicemente nuovi (stagnola, tela di sacco, plastica, cemento, fili metallici, resine, latta, neon, colla, sabbia, acrilici...), mentre la fotografia assume lo status di espressione artistica e contribuisce a innovative tecniche di rappresentazione.
Le nuove tecniche stravolgono il concetto tradizionale di composizione; e l'attenzione si sposta dall'opera d'arte all'artista che manipola la materia, al 'gesto' che compie, o alla materia in sé per il suo intrinseco valore espressivo.
È una vera e propria rivoluzione.
 


 
a
                Nicholas
van Hoogstraten, Quodlibet, 1666


Quello che segue è un sintetico elenco di queste innovazioni, diviso in due parti.
Non di rado fare una distinzione tra le varie tecniche non è semplice, perché per la natura stessa dell'arte del XX secolo i confini tra di esse sono piuttosto labili.
 
 
ASSEMBLAGE

I
deato dai cubisti e imparentato fin dalle origini al collage.
Consiste infatti nell'articolarsi tridimensionale nello spazio dei nuovi materiali utilizzati per il collage.
È il caso delle Costruzioni di Picasso, in cui pezzi di legno, di cartone, lamine e fili metallici vengono assemblati componendo una scultura (a, Maquette di chitarra, 1912).
È significativo che il termine venga coniato da Jean Dubuffet, nel 1953, proprio per distinguere le sue opere polimateriche dai collage.

L'assemblaggio polimaterico è stato molto amato dai futuristi, secondo i quali "al fine artistico vanno utilizzati fili metallici, di cotone, lana, seta, vetri colorati, carte veline, reti metalliche, trasparenti" (b, Dinamismo di un cavallo in corsa + case, realizzato da Umberto Boccioni nel 1915: guazzo, olio, legno, cartone, rame e ferro dipinto).

 
Fatto proprio, anche con modifiche, dalle avanguardie successive; una forma di assemblaggio è, ad esempio, il Merzbau di Kurt Schwitters.
 

a       b

 

 
COLLAGE

Invenzione cubista.
Consiste nell'incollare su un supporto frammenti di carta, di giornale, di cartone e di altri materiali (corda, tela, lamina metallica ... anche sabbia mescolata al colore).
Il primo collage, con il quale la realtà entra materialmente in un'opera d'arte, è considerato Natura morta con sedia impagliata, di Picasso (1912). L'artista ha incollato sulla tela frammenti di carta e un pezzo di tela cerata che riproduce l'impagliatura della sedia,
integrandoli con altri oggetti dipinti a olio. La cornice della tela, ovale, è vera corda.
Scrive Geltrude Stein: "In quel periodo Picasso cominciò a divertirsi facendo quadri con lamiera di zinco, latta, papier-collé. Non faceva scultura, faceva pittura con tutte queste cose".

Il collage scardina la tradizionale idea di 'composizione' pittorica e il quadro assume uno spessore, una volumetria proprio in virtù dell'inserto di concreti elementi polimaterici: la pittura si avvicina alla scultura.
È quindi una forma di assemblage.
Diverso dal papier-collé.
 

 

 
DECALCOMANIA

Rielaborazione surrealista.
Tecnica inventata in Inghilterra dall'incisore francese
Simon François Ravenet (metà XVIII secolo) per decorare ceramica e altri materiali: disegni e ornati, realizzati a parte, erano fatti aderire alla superficie dell'oggetto mediante un procedimento per trasferimento a pressione.

Viene ripresa nel 1936 dal surrealista spagnolo
Oscar Domínguez, che utilizza gouache poi fatte aderire per pressione su carta o su tela; dapprima realizza monocromi neri (Senza titolo, 1936-37), successivamente passa alla policromia.
Il procedimento è stato fatto proprio da altri artisti surrealisti (in particolare Max Ernst), che lo utilizzano secondo specifiche varianti al fine ottenere gli esiti più disparati e personali. Infatti è strettamente aderente al concetto di automatismo psichico, che è il cardine della creatività surrealista (che si avvale, per questo, anche di dripping, frottage e grattage).
Un suggerimento per lasciare campo libero alla creazione? Eccolo: "Stendete, con un largo pennello, della tempera nera, qua e là diluita, su un foglio di carta bianca satinata,
 

che coprirete subito dopo con un foglio identico al primo, esercitate su di esso col dorso della mano una giusta pressione. Sollevate senza fretta, prendendolo per il bordo superiore, il secondo foglio, nello stesso modo in cui si procede per la decalcomania, salvo riapplicarlo e risollevarlo fino a che sia completamente secco. [...] Vi basterà intitolare l'immagine così ottenuta in funzione di quello che vi scoprirete ponendovi a una certa distanza, per essere sicuri di esservi espressi nel modo più personale e valido".
 

 

 






















a
DÉCOLLAGE
 
Ideazione controversa.
È una procedura inversa a quella del collage,
come del resto suggerisce il nome: invece di aggiungere elementi si tolgono, strappandone intenzionalmente dei frammenti.

C'è chi ne attribuisce l'invenzione a Mimmo Rotella (nel 1955), che dapprima incolla sulla tela pezzi di manifesti e locandine strappati per strada e, in seguito, perfeziona la tecnica con il double décollage: manifesti pubblicitari strappati, incollati su tela e, di nuovo, lacerati (a, Casablanca, 1963-83). Un modo di operare che nasce da una riflessione sia sul collage cubista che sul ready-made dadaista.

             b

Per altri il décollage viene ideato nell'ambito del New Dada, da artisti come Jacques Villeglé (b) e Raymond Hains.
 

 

                       
DRIPPING



 
 
a

Invenzione surrealista.
Deriva dal verbo inglese to drip (sgocciolare) e consiste nello spruzzare o sgocciolare il colore sulla tela, in modo che l
e immagini che si formano sul supporto siano dovute prevalentemente al caso.
 
Pare che il primo ad usarla sia stato Max Ernst, gran sperimentatore di tecniche espressive, come questa, dell'automatismo psichico surrealista (cioè il frottage e il grattage) e legate perciò all'idea di gestualità automatica: in questo modo sono le pulsioni inconsce a emergere, irrazionali e istintive, non sottoposte ai vincoli della ragione. Utilizzato in Surrealismo e pittura, del 1942 (a).
Lo stesso Ernst nel 1958 lo definirà "un gioco da ragazzi, che molti pittori di New York adottarono, definendolo dripping e facendone abbondante uso".
 
Il termine, non a caso, richiama immediatamente i lavori dello statunitense Jackson Pollock, dagli amici soprannominato 'Jack lo sgocciolatore' e massimo esponente dell'action painting (o Espressionismo astratto) del secondo dopoguerra: ne è un esempio Full Fathom Five, del 1947 (b).

 

b

 

 
Due video su Pollock. Il primo mostra l'artista in azione; il secondo è tratto dal film diretto e interpretato da Ed Harris (2000).


 


 

 
 
   
 
a. Critico d'arte (1919) - fotom. e collage              b. È questa la salvezza che portano (1938)
  FOTOMONTAGGIO

Invenzione dada.
La sua affermazione è legata a Raoul Hausmann (a), che sostenne di averlo inventato nel 1918, e John Heartfield, per alcuni il vero inventore: entrambi esponenti di Dada a Berlino. Si tratta di una forma di rielaborazione dell'immagine fotografica che prende spunto dal collage cubista e dal polimaterismo futurista, ed è particolarmente consono alla visione dei dadaisti, che si autodefinivano "tecnici del montaggio".
 
Si interveniva sia sui negativi che sulle foto. Queste ultime, prese da giornali e manifesti o/e
appositamente scattate, venivano ritagliate e incollate insieme per creare composizioni nuove e spesso spiazzanti; non di rado si interveniva con disegni, scritture e pittura per raggiungere "un'unità che strappava un'immagine visivamente e concettualmente fedele di quel caotico periodo di guerra e di rivoluzione" (Hausmann). Infatti i dada tedeschi lo hanno molto usato nell'ambito della propaganda politica e sociale: particolarmente efficaci sono i fotomontaggi antinazisti di Heartfield (b).
 
Fatto proprio dalle altre avanguardie, a cominciare dai costruttivisti russi e dai surrealisti (vedi anche rayografia).
 
(Giulia Grassi, ottobre-dicembre 2009)

 


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