La storia dell'arte in senso moderno nasce con il teorico del Neoclassicismo e del Bello ideale Johann Joachim Winckelmann, che col suo libro Geschichte der Kunst des Altertums (Storia dell'Arte dell'Antichità, 1764) rinnova la storiografia artistica fino a quel momento dominante, basata sulle biografie degli artisti.
Era stato Giorgio Vasari a inaugurare questo genere storiografico con le sue Vite de' più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri (1550; 1568), nelle quali si afferma l'idea dell'arte intesa come una progressiva maturazione in relazione al concetto di imitazione della natura. Le vite degli artisti sono infatti inquadrate in tre "età" a cui corrispondono tre "maniere": prima maniera (iniziata con Cimabue), quando gli artisti tornano a confrontarsi con la natura ma 'con tante imperfezioni'; seconda maniera (avviata da Masaccio, Brunelleschi, Donatello e Piero della Francesca), degli artisti che cercano 'di far quel che vedevano nel naturale' ma senza riuscire ad evitare 'una certa maniera secca, e cruda, e tagliente'; terza Maniera o 'maniera moderna', avviata con Leonardo da Vinci e conclusa da Michelangelo, col quale si raggiunge la perfezione.
Questa impostazione biografica aveva dominato nei due secoli successivi; fino a Winckelmann, considerato immediatamente il primo a farci sentire la necessità di distinguere fra le varie epoche e a tracciare la storia degli stili nella loro graduale crescita e decrescita (Wolfgang Goethe, 1787). Non più storia degli artisti, infatti, ma degli stili.
Winckelmann divide la storia dell'arte
antica in quattro periodi: 1) antico, anteriore a Fidia 2) sublime, di Fidia e dei suoi contemporanei 3) bello, da Prassitele sino a Lisippo e Apelle (sino alla "morte dell'arte") 4) d'imitazione, fino alla caduta dell'impero romano. E ritenendo che un processo analogo si fosse ripetuto in epoca moderna, propone per essa un'analoga divisione: 1) antico, anteriore a Raffaello 2) sublime, di Raffaello e Michelangelo 3) bello, con Correggio e Guido Reni 4) d'imitazione, dai Carracci e la loro scuola A suo parere la trasformazione/evoluzione/decadenza degli stili artistici solo marginalmente viene condizionata dall'agire degli artisti. Nella sua concezione l'Estetica coincide con l'Etica, il Bello con il Buono - kalòs kai agathós (vedi in Alipes: kalokagathia) - e l'arte fiorisce solo nelle epoche di libertà: già nel suo Pensieri sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e nella scultura (1755) aveva legato lo straordinario sviluppo delle arti nella Grecia antica al fatto che artefici e fruitori vivessero da liberi cittadini secondo i principi della democrazia. Winckelmann "ha insegnato alla sua epoca a guardare con occhi nuovi non solo le statue e i vasi antichi, ma tutta quanta la civiltà greca" poiché prima di lui "la parola 'antichità' indicava un lungo periodo che andava dal V secolo a.C. al regno dell'imperatore bizantino Foca. In genere i prodotti artistici di questo periodo erano considerati sostanzialmente equivalenti l'uno all'altro" (H. Honour, 1993). Un grande merito, anche se alcune sue convinzioni hanno portato a dei travisamenti interpretativi, ad esempio relativamente all'uso del colore nella statuaria classica (vedi scheda in Alipes). |
|