del
										tempo del "sacro" e della "mitologia" 
										che appartengono al "per sempre", come 
										di quello della storia "pubblica" o 
										privata del ritratto che prevedono 
										avvenimenti e date precisi: questo il 
										cambiamento concettuale che occorre 
										sottolineare, indipendentemente 
										dall'eventuale portato simbolico che gli 
										oggetti presenti possono aver contratto" 
										(A. Veca in 'Evaristo 
										Baschenis', 1997). 
										
										  
  
																L'Italia e 
																l'Europa del 
																Nord si 
																contendono il 
																primato delle 
																origini della 
									natura morta, ma 
																i critici non 
																sono ancora 
																riusciti a 
																stabilire in 
																modo 
																inequivocabile a 
																chi
										spettino realmente. 
										I sostenitori 
										della linea 'italiana' mettono in 
										evidenza che già nel mondo antico 
										esisteva una produzione di nature morte 
										e che in epoca rinascimentale c'è non 
										solo una ripresa della tradizione 
										artistica antica ma anche un nuovo 
										impulso all'indagine empirica della 
										natura, e alla sua rappresentazione; si 
										tratterebbe quindi di un rinnovato 
										omaggio alla classicità. I 
										sostenitori della 
										linea 'nordica' 
										puntano su fattori socio-culturali: 
										l'assenza di una tradizione 
										accademica di forte impianto classicista 
										(per cui è nobile solo la pittura di 
										storia); la condanna protestante delle 
										immagini di culto, che favorisce la 
										diffusione di soggetti non religiosi, di 
										contenuto profano; il ruolo predominante 
										assunto dalla borghesia mercantile, che 
										vede nella raffigurazione delle 'merci', 
										che sono alla base del suo successo, la 
										celebrazione del suo nuovo status 
										e della sua ricchezza (sono i medesimi 
										argomenti usati per spiegare 
										l'affermazione anche della pittura di 
										paesaggio e della scena di genere); 
										l'amplissima diffusione del genere 
										(centri di produzione, artisti 
										specializzati) cui farebbe riscontro il 
										carattere episodico del fenomeno in 
										Italia. 
										
										
																C'è anche una 
										interpretazione di mediazione, di chi 
										rileva che 
																"nel corso 
																degli anni le 
																due posizioni si 
																sono dimostrate 
																parimenti valide 
																e attendibili, 
																ciò ... sta a 
																dimostrare che 
																questo genere 
																non ebbe una 
																sola origine, ma 
																nacque in 
																situazioni e 
																ambienti diversi 
																con forme e e 
																apporti la cui 
																varietà ne 
																arricchisce 
																grandemente il 
																significato" 
																(M. Gregori in 
																'La natura morta 
																al tempo di 
																Caravaggio', 
										1995). E visto che nel Cinquecento "i 
										maestri più attenti al dato 'naturale' 
										sono soprattutto i pittori attivi nelle 
										Fiandre (in particolare ad Anversa) e in 
										Italia settentrionale. Queste due 
										grandi aree - peraltro in reciproco e 
										intenso contatto - si dividono il 
										'primato' nella nascita della natura 
										morta" (La 
										natura morta italiana, 2003).
										
										
																 
										 
										Poiché l'argomento è molto vasto, qui se 
										ne propone una sintetica e ridotta 
										disamina (escludendo gli ultimi due 
										secoli). 
										
										
																  
										
										● IL MONDO 
										ANTICO: XENIA E  
										
																ASAROTOS OIKOS 
										
										
										 
										
										
										
																L'arte antica ha 
										conosciuto un genere pittorico 
										assimilabile alla natura morta moderna: 
										lo sappiamo sia dalle fonti scritte sia 
										dalle pitture parietali di Pompei e 
										dell'area vesuviana in generale 
										(ritenute dagli studiosi riproduzioni di
										
										pitture su tavola). 
										Queste rappresentazioni erano chiamate 
										
																xenia: 
										si usava cioè lo stesso termine che 
										indicava i 'doni ospitali', vale 
										a dire i cibi freschi (frutta, verdure, 
										uova, formaggi...) che gli ospiti 
										trovavano nelle proprie stanze come dono 
										da parte del padrone di casa (Vitruvio, seconda metà del I secolo
										
										a.C.). Fondamentale è la 
										testimonianza di Filostrato 
										il Vecchio (III secolo), 
										autore dell'opera 
										
										Immagini 
										(Εικόνες) 
										in cui c'è la descrizione della 
										pinacoteca di una
										
										villa a Napoli (Neapolis). 
										Tra i quadri descritti ci sono due 
										xenia, raffiguranti l'uno della 
										frutta (fichi, pere, ciliege), noci, uva 
										con miele, formaggi e brocche di latte, 
										l'altro della cacciagione e vari tipi di 
										pane e di frutta (compresi fichi e 
										castagne), con l'interessante insistenza 
										sull'illusionismo delle 
										rappresentazioni (Perché non prendi 
		questi frutti che sembrano fuoriuscire dai due cesti? Non sai che se 
		aspetti anche soltanto un poco non li troverai più come sono ora, con la 
		loro trina di rugiada?). 
 
										
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